Arzachena affonda le sue
origini fin dal lontano periodo "Neolitico", che in genere si fa
comprendere tra il 3000 e il 2000 a.C.. Secondo alcuni studiosi
che hanno utilizzato il carbonio 14 su alcuni reperti, i primi insediamenti
archeologici risalirebbero intorno al 2600 a.C.. Si pensa che i
primi abitanti del territorio di Arzachena siano approdati per via
mare, vista la vicinanza della Corsica, che dista circa 10 chilometri
e dell'arcipelago Toscano che grazie alle correnti era possibile
raggiungere anche con le imbarcazioni rudimentali dei Neolitici.
Al periodo Neolitico viene attribuito il riparo sotto roccia "Il
Fungo" conosciuto dai galluresi come "Lu Monti Incappiddatu" che
si erge impetuoso nell'abitato di Arzachena dopo aver percorso la
Via Limbara.
Secondo gli studi fatti da un grande personaggio, Michele
Ruzittu, che diede lustro ad Arzachena nella lotta per la sua autonomia
amministrativa dal comune di Tempio Pausania nel 1922, furono classificati
trentadue nuraghi con relativi paesi attorno e non molto distanti
le tombe dei giganti, (insediamenti funerari larghe un metro e lunghe
quattordici). Ricordiamo i più conosciuti quali il "Nuraghe Malchittu"
posto all'ingresso dell'abitato sulla statale Olbia-Arzachena; il
Nuraghe la "Prisciona" situato in loc. Capichera che i romani chiamavano
"Caputerat" e a circa 500 metri da quest'ultima troviamo la tomba
dei giganti "Coddu 'Ecchju".
A circa sei chilometri da Arzachena troviamo il nuraghe "Lu
Naracu". Inoltre riveste particolare importanza la "Tomba dei giganti"
presso lu stazzu "Li Muri". Nel periodo Romano si conoscevano tre
centri importanti: TURIBULU MINOR situata nell'attuale centro di
Arzachena, TURIBULU MAJOR, nell'attuale stazzo Nicola Calta ed ELEPHANTARIA
nella sponda destra del Liscia, dove sorge la chiesetta di San Giorgio
di Liscia, punto strategico della regione di allora (città fortificata)
scoperta da Michele Ruzittu il 18.08.1936 e confermato dall'archeologo
Antonio Taramelli il 15.11.1937.
Ricordiamo
che oggi proprio dove sorge Arzachena smeraldina, si trovava Arzachena
medioevale, capoluogo della curatoria di "Unale" composta da sei
paesetti: Arzachena, Aristana (stazzo li Tauli), Albagnana, (stazzo
Sitagliacciu), Villa Castro (Monte Candela), Curruaru e Ortumuratu
(negli stazzi omonimi). Percorrendo tutti i periodi storici di Arzachena
si giunge a quello più certo, più documentale, frutto di studi degli
archivi della chiesa a cui ha dedicato molto il parroco della stessa
Francesco Cossu.
Sin dalla metà del '700 nella costa del territorio gallurese
e quindi anche nell'attuale territorio della "Costa Smeralda" vivevano
senza stabile dimora migliaia di pastori, banditi e contrabbandieri.
Questa popolazione era particolarmente violenta e priva di senso
civico e morale. Si perpetravano impunemente numerosi delitti all'arma
bianca, vista l'assenza di autorità che potesse osteggiare un tale
comportamento. Il re di Sardegna Carlo Emanuele III, vista l'incontrollabilità
della zona anche con l'invio di forze militari, ritenne che l'unica
cosa da farsi fosse l'invio di sacerdoti, che convivendo con i pastori,
questi si moralizzassero mediante la pratica di una vita civile
e cristiana. Tutto ciò fu ostacolato e ritardato dai sindaci di
Tempio e dagli stessi canonici della collegiata. Tra il 1774 e 1776
si riuscì ad edificare la chiesa campestre di Arzachena, dedicata
a Santa Maria Maggiore, fu così che grazie alla buona volontà di
tanti missionari che convivendo con i pastori e rendendoli meno
nomadi e più propensi a formare gli agglomerati, nonostante l'impervio
territorio costiero, la vita sociale prese forma.
Si giunse così alla fine del '700 e la costa di questo territorio
che va da Razza di Juncu al Golfo delle Saline-La Multa, era ancora
preda dei contrabbandieri sardi in transito verso la Corsica per
evitare le leggi dei Piemontesi. Alla fine dell'800 il Golfo di
Arzachena, Mannena e Barca Bruciata, quest'ultima così chiamata
in seguito ad una vendetta degli abitanti locali nei confronti di
un carbonaio toscano, fu meta di mercanti e pescatori ponzesi e
molti carbonai lucchesi che spesso tagliavano il bosco in modo incontrollato
e non gradito ai locali di Cannigione.
I banditi erano ancora un mito, un intreccio tra pirateria
ed eroismo come la storia del bandito gentiluomo "Laicu Roglia",
che scampato a numerosi conflitti a fuoco morì nel 1896 nei pressi
di Mannena, la cui omonima spiaggia prese il nome dalla sua proprietaria
Mannena Pasella di cui si canta la sua dolce bellezza. La storia
la cultura degli stazzi e i canti si fondono in questo territorio:
Rena, Cuncosu, Mascaratu, Barrastoni, La Multa, Monti di Mola ecc.,
e grazie a molti poeti locali non scompariranno mai i ricordi: Jaseppa
di Scanu e Sebastiano Sanna quest'ultimo grande poeta popolare deceduto
il 17.11.2000. La situazione economica di questa terra, un tempo
povera, ricca di graniti modellati dal tempo e di una vegetazione
selvaggia e ineguagliabile, oggi è meta del grande turismo internazionale:
Monti di Mola oggi conosciuta da tutti come Porto Cervo. Non tutto
però è cambiato il suo paesaggio ancora in parte selvaggio e incontaminato
e il suo mare verde smeraldo sono come allora: e quando la sera
nelle notti di vento che scolpiscono le rocce della "Multa Alta"
guardi la Corsica, rivive Laicu Roglia che, forse come dice la leggenda
non è stato ucciso ma clandestinamente si è imbarcato per l'America.